Benvenuti alla newsletter Macrobussola. Da oggi approfondirò un tema ogni settimana in ambito macro, con particolare attenzione alle mosse delle banche centrali e alle questioni più importanti del settore bancario.
Oggi in particolare mi occuperò di un tema che sarà determinante per l’economia europea e per le prossime decisioni sui tassi da parte della Bce: il credito bancario. Gli ultimi dati ufficiali indicano una frenata. Non si può ancora parlare di credit crunch ma la tendenza è chiara. A febbraio i prestiti alle imprese su base trimestrale sono scesi dell’1,1% nell’Eurozona. Il credito è calato in Germania, Italia e Spagna. In Francia c’è stato un brusco rallentamento.
I prestiti alle aziende su base annua in Italia sono scesi dello 0,5% a febbraio: in valore assoluto i finanziamenti sono calati di 29 miliardi da settembre. Hanno pesato anche fattori della domanda: alcune aziende hanno preferito ricorrere alla liquidità accumulata durante la pandemia. Ma i sondaggi della Bce hanno indicato anche una restrizione delle condizioni creditizie.
Il tema del credito entra però solo adesso nella fase più delicata. Nei dati di marzo inizierà a diventare visibile l’effetto delle crisi bancarie. Dopo le vicende di Svb e Credit Suisse, che hanno portato a tensioni anche su Deutsche Bank, le banche europee potrebbero essere diventate più prudenti sulla concessione di prestiti. Così diventerebbe più forte l’effetto della stretta monetaria Bce.
C’è un secondo fattore da considerare. Gli aumenti dei tassi non hanno ancora avuto un pieno impatto sull’economia a causa dell’effetto ritardato della politica monetaria. Da luglio c’è stata una stretta di 350 punti base, la più rapida nella storia dell’euro. Ma le conseguenze diventano pienamente visibili dopo 18-24 mesi. Gli aumenti dei tassi (si badi bene: quelli già varati) si faranno sentire più avanti. A breve, inoltre, potrebbero esserci nuove strette Bce.
Come terzo elemento occorre sottolineare un altro aspetto di politica monetaria. A giugno scadrà il rifinanziamento Tltro più corposo. Ciò vuol dire che le banche europee dovranno restituire in un colpo solo alla Bce 477 miliardi di liquidità. Gli istituti troveranno altre fonti di raccolta: attraverso la clientela, i mercati e se necessario anche vendendo attività (per esempio titoli di Stato). Non si può escludere però che, terminati i prestiti di favore da parte della Bce, le banche diventino più selettive con i clienti finali. Entro fine 2024 gli istituti europei dovranno rimborsare in tutto 1.100 miliardi, quelli italiani 318 miliardi.
Alla luce di questi fattori, si può capire meglio perché c’è molta attenzione sui prossimi dati del credito. Il capoeconomista Bce Philip Lane ha detto che la pubblicazione del 2 maggio del Bank Lending Survey (nel quale le banche vengono sondate da Francoforte) sarà decisiva per il consiglio direttivo del 4 maggio, assieme ai dati sull’inflazione di aprile. Se dal Bls arrivassero notizie negative, la Bce dovrebbe perlomeno rallentare la stretta monetaria con un aumento di 25 punti base (l’opzione attesa dai mercati). Per l’economia sarà invece fondamentale valutare se la frenata creditizia, visibile ora sui volumi, porterà a un calo dei consumi e degli investimenti. In questo caso anche il pil potrebbe frenare più delle attese. Perciò gli occhi degli operatori sono puntati più che mai sui dati in arrivo sui prestiti. (riproduzione riservata)
Qui i miei ultimi articoli su MF-Milano Finanza
Qui il mio profilo Linkedin